Poi ci fustigano per il fuori tema...
Bon (facciamo come il Puigdemont e ce ne freghiamo di cosa pensi Madrid ), premessa: i cosiddetti Baliaggi italiani affrancatisi dal dominio dei XII Cantoni (la Leventina dal dominio del solo Canton Uri, Blenio, Riviera e Bellinzona di Uri, Svitto e Nidvaldo) nel 1798, vennero elevati con l'Atto di Mediazione del 1803 al rango di cantone uguale in diritto agli altri più antichi, qualità che mantenne anche, caduto il Bonaparte, durante la Restaurazione (malgrado certi attriti, verso il 1814, con la Dieta federale, la quale subiva l'influsso della Santa Alleanza, sui quali sarebbe qui poco opportuno dilungarsi; già allora dovette essere inviato, ad ogni buon conto, un Commissario federale a ristabilire il "legittimo" Governo) il Cantone venne controllato per un qundicennio da un governo condotto da un tale Giovan Battista Quadri (il famoso Landamano Quadri). Fatto sta che questo Quadri venne liquidato nel 1830 con una riforma costituzionale della quale erano state fautrici ampie schiere della cittadinanza (dagli elementi più progressisti, a esponenti del clero e addirittura dello stesso governo). Sin dal 1830, tuttavia, divergenze in seno al movimento riformista (tra l'altro in merito anche al trattamento da riservare ai rifugiati italiani, invisi all'Austria e al Governo federale ad essa asservito) comportarono la sua scissione tra i cosiddetti liberali-moderati (i futuri cattolici-conservatori e poi PPD) e i liberali-puri (anche detti liberali-radicali (si chiamano ancora così, anche se sono meno di sinistra; hanno avuto nelle proprie schiere perfino dei ciellini...).
Sta di fatto che dopo le elezioni del 24.02.1839 (caratterizzate, come d'uso, da brogli e tafferugli, ci furono pure due morti in Lavizzara (almeno uno dei quali colpito da un colpo sparato dal curato...)) si trovò maggioritaria in parlamento la fazione moderata che riuscì, raccontano Rossi e Pometta, a "guadagnarsi l'adesione di un buon numero di consiglieri fino allora indipendenti, oscillanti o senza recisa tendenza". Durante la seduta costitutiva la minoranza contestò la validità della convocazione ma la maggioranza tirò dritto; amministrazione e giustizia vennero ripulite dai liberali e i posti distribuiti a persone fedeli ai moderati. Vennero pure adottate limitazioni alla libertà di stampa e misure contro le società armate, a sapere quella dei Carabinieri, di matrice liberale.
Il 18.11.1839 veniva infine dato il colpo di grazia all'opposizione e, malgrado l'istituzione di una guardia volontaria a rinforzo della Gendarmeria, la situazione precipitò (vennero anche bruciate le effigi di membri del Governo).
Il 1° dicembre un comizio a Lugano "intimava al Governo la revoca delle espulsioni [degli Italiani] e del decreto sulla stampa"; mentre nel Mendrisiotto venivano eretti alberi della libertà.
Il 4 dicembre il Governo chiedeva al Governatore di Milano, senza ottenerla, una dimostrazione militare nei pressi della frontiera al fine di calmare gli animi.
Sta di fatto che la sera dello stesso 4 dic., i gendarmi stavano procedendo all'arresto di alcuni riformisti che, a Lugano, nel corso della giornata si erano azzuffati con dei moderati, allorché la zia di uno di essi [ ] (degli arrestandi, ovvero i percossi) prese uno dei gendarmi per i baffi e lo trascinò sulla pubblica via, dove ottenne man forte da altri cittadini. La Compagnia scelta veniva poi disarmata e la Municipalità, mobilitata la Guardia civica, assumeva l'autorità governativa.
Il giorno dopo 200 Carabinieri muovevano dal Mendrisiotto, durante la marcia verso nord le loro schiere si infoltivano ulteriormente. Egualmente venivano inviati due messi ad intimare le dimissioni al governo (la capitale era allora itinerante; in quel tempo aveva sede a Locarno), due membri del quale riparavano già il 5 dicembre per l'appunto a Cannobio. Il 6 gli armati marciavano su Bellinzona da dove, rifornitisi di armi presso l'arsenale, facevano rotta su Locarno, ciò che provocava la fuga di altri tre membri del governo a Cannobio; da lì il 7 avrebbero poi inoltrato le dimissioni. Un umile capotecnico trattava quindi la resa dei governativi e gli armati potevano entrare trionfalmente in Locarno dove veniva proclamato il nuovo governo (in questo caso il governo venne più o meno riconosciuto dalle autorità federali e quindi si evitò, per una volta, l'intervento federale).
Va ancora ricordato che i membri del governo rimosso, con un processo lampo, vennero condannati a lavori forzati di varia entità, oltre che al pagamento delle spese processuali e della rivoluzione (!). Il parlamento ne decretò inoltre l'ineleggibilità perpetua e l'immediata esazione delle spese a loro accollate. Alcuni pagarono e restarono in esilio volontario, altri si videro i beni messi all'asta mentre altri fallirono.
Voilà, sperando di non aver troppo maltrattato, con la sintesi, gli eventi.