brianzolo wrote:visto che i pedaggi procurano un utile ben maggiore rispetto ai costi perchè lasciare questa opportunità ai privati invece che al pubblico?
Questo è un assioma "non vero", ovvero l´utile c´è solo se c´è utenza. Tu parti dal presupposto che essa ci sia, quindi assumi l´utilità dell´opera. In realtà c´è sempre il "rischio d´impresa", e questo lascialo fare ai privati.
Lo stato deve solo porre le basi perchè sia il privato a fare impresa. Lo stato non è impresa, ma solo normazione e regolazione. Deve solo incassare tasse e spenderle per il meglio. E le tasse le incassa dall´utile che genera il privato (utile finanziario e/o reddituale).
Da nessuna parte c´è scritto che le strade debbano essere di proprietà pubblica, ma solo che siano pubblicamente transitabili (se non sono tali, non sono strade). Nessuna strada. Ogni strada è un bene che può essere damaniale o meno, ed il proprietario (o chi ne fa le veci) deve mantenerla come impone la norma. Questa manutenzione può essere un costo collettivo se si ritiene che i benefici siano maggiori cosí, oppure un costo privato. Se siamo in quest´utlimo caso, il privato ha tutto il diritto ache di coglierne i frutti (leggi: utile da pedaggi).
Ma soprattutto: per costruire l´opera devi pagarla subito e godere dei frutti nel tempo. Ora, se lo stato ha le risorse necessarie e l´opera è utile, la faccia, altrimenti se qualcuno a determinate condizioni si propone per fare l´opera gliela si "conceda". Alla fine il patrimonio rappresentato dall´opera stessa diventerà, presto o tardi, pubblico (facendo ricadere gli oneri e gli onori sulla collettività). Ed è anche per questo che parte del costo (in proporzioni variabili) dell´opera spesso non è completamente "privato": lo stato ci mette la sua parte che equivale, in linea di principio, al valore del bene che lo stato stesso acquisirà, non per acquisto ma per scadenza della concessione o perchè stabilito dalla convenzione.
Altro sistema è l´indebitamento. Ma questa opzione, come pure la disponibilità di risorse, sono attualemten nella possibilità dello stato italiano. E allora restiamo fermi?
Cosa era successo 170 anni fa con le ferrovie? Costruite su concessione "pluridecennale" a totale carico dei privati (che, ricordo, hanno anche dovuto acquisire la proprietà dei terrreni sui quali costruire le ferrovie), esse hanno rappresentato una notevole fonte di ricavo fino a quando, cambiate le condizioni di mercato, non sono state "nazionalizzate" (e la "nazionalizzazione" è una facoltà dello stato e un "rischio" per il privato di cui bisogna tenere conto) perchè non si mantenenvano da sole. Si poteve scegliere di dismetterle (come fatto negli USA), invece si è scelto di assumerle a "costo collettivo" perchè ritenute essenziali, non perchè producessero utile direttamente, ma indirettamente garantendo la crescita di una nazione. Ció è anche dimostrato da nazioni "ferroviariamente terdive" che hanno costruito le ferrovie a "costo collettivo" per questo ben preciso motivo.
Quindi: l´utile del pubblico è la quantità di tasse che può ricavare dall´economia privata. Fare confusiuone tra questi termini è deleterio, controproducente ed infine fonte di inefficienze e indebitamento. Perchè? Perchè il pubblico ragiona in termini politici, mentre il privato in termini di beneficio individuale, ed è questo conflitto di interessi che produce il bene di un paese. La dialettica produce idee; il confronto tra spinte individuali e colletive produce progresso; entrambe le cose producono ricchezza materiale e intellettuale.
Una azienda privata decotta fallisce! Una azienda pubblica decotta diventa crogiuolo di privilegi! (a meno di fallire come ogni azienda privata, ma allora falla fallire!)
Una azienda privata sana produce utili a chi li merita e tasse per lo stato! Una azienda pubblica sana, diventa crogiuolo di privilegi! (a meno di essere gestita come una azienda privata, ma allora vendila!).