simix920 wrote:Di quali foto stai parlando, scusa? Non fare della falsa informazione, anche te.
Non incominciamo però con queste storie "erano tanti, no erano pochi" perchè allora bisogna dirla tutta.skeggia65 wrote:Una moltitudine! A giudicare dalle foto, un centinaio di persone è una valutazione moooooolto ottimista.
serie1928 wrote:Devo ammettere di essere stato affascinato da Craxi ed il suo modo di fare politica, diverso e moderno rispetto alla maniera democristiana (o catto-comunista). Aveva introdotto un certo pragmatismo e decisionismo, e non era sempre propenso al compromesso (vedi caso Abu Abbas).
Per quanto riguarda la corruzione, essa era già endemica, e più di tanto non mi proccupava.
Ad un bilancio successivo devo considerare Craxi una figura deleteria, pur avendo dei meriti, e paradigmatica della "Prima Repubblica": ha portato il debito a livelli insostenibili ed ha sistematizzato la corruzione come se fosse utile e necessaria. Non era l'unico responsabile, ma ha dato al sistema uno spessore inusitato.
E poi ci ha fatto dono di Berlusconi
Infine, il suo atteggiamento rispetto alle condanne ricevute è stata la fuga ad Hammamet: questa è viltà e tradimento
Roba da condanna a morte in caso di guerra. In tempi di pace, invece, resta solo una punizione: L'OBLIO
(che non è compatibile con una piazza o parco, ovviamente )
dorlidoc wrote:mi informerò su di Rudinì,
QuiMilanoLibera wrote:C’è chi deve impegnarsi per giorni, attaccarsi alle mail e al telefono, avvisare la questura, affittare un palchetto e farsi tre ore sotto la pioggia per poter esprimere la propria opinione in pubblico e chi è ingaggiato alla direzione del Tg1 e stipendiato dall’erario per dire la sua a milioni di spettatori, magicamente in coincidenza con gli interessi di chi l’ha nominato, comodamente seduto su una poltrona in pelle, in uno studiolo con tanti bei libri intonsi alle spalle, davanti a un gobbo con le parole che scorrono. Sì, parlo di Augusto Minzolini, che anni fa celebrava le incursioni giornalistiche nelle stanze private del potere come antidoto alle future tangentopoli e ieri in veste di storico ufficiale del regno ha dedicato uno dei suoi celebri editoriali allo statista Craxi, uno che - secondo le parole scritte sul gobbo - non ha bisogno di alcuna riabilitazione, tanto i suoi meriti sono evidenti. Peccato che la maggioranza degli italiani, nonostante quindici anni di propaganda a senso unico, non dimostri di pensarla così, stando almeno ai tanto amati sondaggi di opinione, abitualmente sbandierati dal “dittatore preferito” dei mezzibusti italiani (l’espressione è di Biagi). Secondo un sondaggio pubblicato dal Corriere della Sera alcuni giorni fa, la netta maggioranza degli intervistati è contraria alla via a Craxi perché molti motivi “inquinano la reputazione del personaggio”. Quindi: c’è bisogno di riabilitarlo, con speciali tv, pubblicazioni, convegni nelle sedi istituzionali più prestigiose, statue, monumenti equestri, intitolazione di vie e giardini pubblici, garbati editoriali della tv pubblica nell’ora del massimo ascolto. Tutto a spese del contribuente, ovviamente, come lo stipendio di Minzolini, mentre l’ennesimo cavillo cerca di sabotare quel tanto di dissenso che s’infiltra nel caos del web, sottoponendo il mezzo a rigidi controlli governativi (a proposito: che le ultime rodomondate di Sgarbi siano meno estemporanee di quel che sembra?). Le audience oceaniche, la criminalizzazione degli avversari e il servilismo dei mezzibusti evidentemente non bastano più. L’erede di Craxi e i suoi tirapiedi hanno un piano preciso: vogliono far piazza pulita di ogni forma di opposizione. Vogliono ridurre il dissenso a imprecazione da bar o satira da Bagaglino. Vogliono ridurre la giustizia a macchina di intimidazione dei deboli e dei diversi. Vogliono poter mentire e lucrare indisturbati sulle macerie di una democrazia: lucrare e mentire il più possibile, fin quando è possibile. L’elezione di un corrotto a santo patrono, a ben guardare, è un atto di coerenza. L’espressione di una sincera devozione.
Repubblica.it wrote:Milano, in rivolta gli abitanti del quartiere
"Non vogliamo il giardino intitolato a Craxi"
Alcuni abitanti della via a due passi dalla storica abitazione del leader socialista hanno deciso: bisogna fare qualcosa per bloccare l´intitolazione. E a sera, armati di scotch, hanno attaccato su muri e pali del quartiere un volantino dall´eloquente titolo: "Craxi? No grazie". Prevista anche una raccolta di firme
di Oriana Liso
La scelta, ufficialmente, non è stata ancora presa. Ma da giorni gira e prende consistenza l´ipotesi che i giardini di via Dezza siano destinati a diventare i giardini Bettino Craxi. Voci insistenti, articoli di giornale. Così alcuni abitanti della via a due passi dalla storica abitazione del leader socialista hanno deciso: bisogna fare qualcosa per bloccare l´intitolazione. E a sera, armati di scotch, hanno attaccato su muri e pali del quartiere un volantino dall´eloquente titolo: "Craxi? No grazie".
Poche righe sotto un ritratto di Craxi, per spiegare i motivi del no. «Siamo un gruppo di cittadini contrari all´annunciata decisione di dedicare una via o un giardino pubblico di Milano al signor Benedetto (detto Bettino) Craxi». E continua: «I bellissimi giardini di via Dezza sono uno spazio pubblico di cui godiamo e di cui sentiamo anche di avere responsabilità. Bettino Craxi si è sottratto alla giustizia italiana che lo aveva condannato per corruzione e finanziamento illecito, e questo non è accettabile. Non vogliamo che il suo nome rimanga legato a uno spazio che amiamo e rispettiamo».
Sotto, un indirizzo mail per richiedere i moduli per la raccolta firme. A quell´indirizzo risponde uno dei promotori dell´iniziativa, Michelangelo Petralito. Che premette: «La nostra non è un´opposizione di natura "politica", ma etica. Io non ho tessere di partito, ma voglio partecipare alle scelte che riguardano la mia vita di cittadino». Come lui la pensano altri, nel condominio di via Dezza 41.
Ed è da qui che, l´altra sera, è partita l´idea di una raccolta firme, che ha portato già una trentina di adesioni in poche ore: oltre ai volantini, infatti, un foglio è stato lasciato nell´androne del palazzo, così chi passa, se vuole, lascia una firma. Il motivo che ha spinto Petralito e i suoi vicini di casa a mettersi assieme per scrivere e diffondere il volantino è comune a tutti loro: «Questi giardini sono molto amati da chi vive qui: c´è chi gioca a basket, chi porta i bimbi nello spazio giochi, chi porta il cane a fare una passeggiata, chi ci va la sera, solo per il gusto di fare due chiacchiere in compagnia. Vogliamo continuare a farlo come ora, non vogliamo andare in un parco intitolato ad un uomo che si è sottratto alla giustizia».
L´obiettivo dei residenti di via Dezza è di raccogliere quante più firme possibili per poi sottoporre la loro contrarietà al sindaco. Che, nel frattempo, sta tenendo i contatti con la famiglia Craxi, senza però aver ancora sottoposto un nome definitivo per l´intitolazione. Pochi i nomi rimasti nella rosa oltre a via Dezza - il parchetto di piazza Po, quello di piazza Napoli, l´area tra via Stendhal e via Savona - ma su tutti pende la decisione dei figli del leader socialista morto dieci anni fa. (22 gennaio 2010)
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Le scelte di governo compiute negli anni 1983-87 videro............. videro nello stesso tempo un atteggiamento "più assertivo" del ruolo dell'Italia nel rapporto di alleanza............con gli Stati Uniti.
Toponomastica
«Cancelliamo il nome di Cadorna e dedichiamo il piazzale ad Arrigoni»
La proposta del consigliere di Sel: è il generale di Caporetto. L'opposizione: buffonate
MILANO - La piazza dell'«Ago e il Filo» e dei pendolari in arrivo da Como e Varese. Piazzale Cadorna. Che domani, chissà, potrebbe anche cambiare nome. Per ragioni puramente storiografiche. La proposta è di Luca Gibillini, consigliere comunale di Sel, che sul tema annuncia una mozione in aula e pure un mini-referendum civico. Cancellare Luigi Cadorna dallo stradario cittadino. Il generale della disfatta da condannare all'oblio. Alla vigilia del novantaquattresimo anniversario della rotta di Caporetto. Volendo, scrive lo stesso Gibilini, sarebbe già pronto anche il nome di «riserva»: Vittorio Arrigoni, il cooperante italiano, il pacifista lombardo ucciso a Gaza lo scorso 15 aprile. Stazione ferroviaria Arrigoni, e chissà che effetto farebbe.
«Il generale Luigi Cadorna - si legge nella mozione - mandò al macello centinaia di migliaia di uomini, gettandoli contro le linee schierate dei nemici e dimostrò, anche nelle sue memorie, di non aver in nessun conto il valore della vita umana, interpretata alla stregua di munizioni da sparare. Per le sue teorie militariste, in sprezzo della vita umana e fallimentari dal punto di vista anche militare non può rappresentare un modello e un esempio da ricordare nella toponomastica della nostra città». È già polemica. La guerra, 94 anni dopo, è quella delle dichiarazioni. Attacca il capogruppo del Pdl Carlo Masseroli: «Forse quando sabato Pisapia ha parlato di opposizione si riferiva a quella interna. Se così fosse potrei ritenere che avesse ragione quando parlava di buffonate».
«Un'altra proposta sgangherata», gli fa eco l'ex vicesindaco pidiellino Riccardo De Corato. Una proposta «figlia dell'extraparlamentarismo della sinistra»: «Questa volta la maggioranza, non avendo di meglio da proporre, se la prende con la toponomastica. Come se i milanesi avessero il tempo di dedicarsi a questi temi e dividendosi su episodi accaduti quasi un secolo fa, attraverso un referendum popolare che non interesserebbe a nessuno».
Andrea Senesi
24 ottobre 2011 17:29
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