by crossway » Wed 08 March 2023; 14:55
Consideriamo oggi che per la normativa europea, tutte le infrastrutture ferroviare nazionali devono essere separate da chi gestisce il servizio e garantire il principio dell'open access (ossia una qualunque impresa di trasporto deve poter effettuare servizio sulla rete nazionale). Ciò non è invece previsto per le reti in concessione (o comunque non di Stato). L'infrastruttura è per sua stessa natura un monopolio naturale, con la differenza che oggi è regolato, quindi prevede delle regole che deve eseguire (una tra tutte è proprio l'open access). Sono intrinsecamente dei monopoli naturali essenzialmente perché i costi fissi sono molto superiori ai costi variabili, e sono anche pubbliche fondamentalmente perché sono costruite con soldi pubblici, su suolo pubblico e generalmente perché sono di interesse pubblico. È teoricamente possibile lasciare anche le infrastrutture al mercato, ma economicamente infattibile: si pensi ad esempio as un ponte stradale, dove in assenta di congestione, ne costruisco uno a lato in concorrenza: i costi raddoppiano, mentre la domanda si spalmerà tra i due ponti, col risultato che ciascuno dei due ricava d/2, la metà del ricavo che si otterrebbe se la medesima domanda venisse instradata sull'unico ponte disponibile.
I servizi sono invece un monopolio legale, cioè qualcosa che teoricamente può essere lasciato al mercato, ma che si è preferito lasciare nelle mani di un unico gestore, storicamente nazionale (secondo i principi per cui lo Stato garantisce i servizi di qualità e tiene bassi i costi perché fa l'interesse dei cittadini). Sono due condizioni monopolistiche, ma presentano sfaccettature molto differenti. Qui entra in gioco la regolazione, cioè simulare il mercato dove di fatto non c'è, e la liberalizzazione è una delle possibili forme di regolazione. Altri Paesi hanno liberalizzato i servizi regionali (in parte), superando la condizione di monopolio delle imprese statali, utilizzando varie strategie (la Svezia ad esempio ha una quota di servizi sussidiati, ma qualsiasi impresa può operare senza sussidio anche in concorrenza; la Germania ha messo a gara parte della rete regionale, e solo poche tratte sono state riaggiudicate a DB Regio, ma sono casi interessanti sicuramente, e completamente separati dell'infrastruttura). L'unico caso forse dove infrastrutture e servizi vanno a braccetto è quello dei franchising inglesi, che meriterebbe sicuramente di essere approfondito (non lo conosco troppo nel dettaglio).
Tecnicamente questa cosa del pedaggio è comunque fattibile, si pensi ad esempio ai servizi su rete FerrovieNord, dove i treni regionali non hanno alcun pedaggio, ma la rete è finanziata dal contratto di programma direttamente dalla regione. FN garantisce però l'open access della propria rete (malgrado non ne sia obbligata dalla normativa europea non essendo rete Statale) e i merci che ad esempio raggiungono lo scalo di Sacconago, pagano effettivamente un pedaggio. È sicuramente più complesso da attuare su una rete nazionale con una varietà molto maggiore di servizi, ma tecnicamente non è infattibile. Bisogna approfondire la normativa, se effettivamente sia possibile inserire distinguo tra treni, e se questo non sia contro i diversi pacchetti ferroviari europei di liberalizzazione, perché si metterebbero in potenziale concorrenza servizi che pagano un pedaggio, e servizi che non lo fanno, quindi potenzialmente il livello di partenza non sarebbe allo stesso livello. A memoria mi pare che per un periodo fosse stato abbassato o addirittura annullato il pedaggio per i treni AV nel sud Italia, proprio per favorire lo sviluppo di servizi a mercato in zone a domanda più debole, per cui è sicuro un tema che merita di essere approfondito, al di là delle effettive possibilità di miglioramento che una impostazione di rete di questo tipo avrebbe. Considerando anche che i CdS sono definiti dalle regioni, mentre la gestione dell'infrastruttura avviene a scala nazionale, quindi avremmo da togliere una parte del Fondo Nazionale Trasporti da destinare direttamente a RFI nel Contratto di Programma, il che si traduce in minori trasferimenti alle regioni.