L'articolo di Federico Fubini sul Corriere di oggi:
Eurotunnel, lo spettro di un crac da 9 miliardi
Doveva essere un sogno avveniristico che diventa realtà, la fine di una rivalità e di una differenza secolari: la Francia e l’Inghilterra collegate via terra, Parigi e Londra unite da tre ore di treno, il Canale della Manica ridotto al rango di una qualunque galleria. Era almeno l’obiettivo all’inaugurazione, nel 1994. Ora invece il progetto Eurotunnel rischia di diventare sinonimo di un crac da nove miliardi di euro, con treni fermi, migliaia di posti di lavoro perduti e circa un milione di risparmiatori colpiti. Eurotunnel, la società che gestisce il collegamento ferroviario Parigi-Londra e Bruxelles-Londra, ha mosso ieri un altro passo nella sua crisi finanziaria. Storico stavolta, perché per la prima volta scatterebbe in Francia una legge appena approvata (sul modello americano del «Chapter 11») per la protezione dai creditori delle società sull’orlo della bancarotta. Jacques Gounon, numero uno del gruppo franco-britannico, non ha avuto scelta dopo il fallimento delle ultime trattative con un gruppo di creditori guidati da Deutsche Bank. Questi ultimi, che hanno in portafoglio titoli subordinati, non si sono infatti piegati al progetto di ristrutturazione digerito a maggio scorso dagli obbligazionisti di prima fila: dimezzare il debito da 9 a 4,2 miliardi di euro.
La prima conseguenza dell’appello di Gounon al Tribunale del Commercio di Parigi è che Eurotunnel per ora cesserà di pagare gli interessi sui debiti. Fra i creditori ci sono banche d’affari, fondi d’investimento e famiglie che hanno accettato di sottoscrivere un’opera dagli oneri molto superiori al previsto. Doveva costare 7,3 miliardi ed è finita per salire a quasi 14 la fattura dei lavori sotto la Manica, tutti affidati a investimenti privati dietro pressione di Margaret Thatcher: alla fine degli anni ’80, l’allora premier britannico condizionò il suo appoggio al progetto all’impegno che gli investimenti pubblici venissero banditi.
Vent’anni dopo, Eurotunnel è appesa a un filo. La società ha liquidità sufficiente per operare e versare gli stipendi ai 2.300 dipendenti fino a inizio 2007. Ma non è certo che nella sentenza, attesa per il 25 luglio, il Tribunale del Commercio di Parigi accolga la richiesta di una protezione dai creditori che durerebbe un anno. E Eurotunnel dovrà comunque rinegoziare la ristrutturazione del debito sotto una spada di Damocle. «Se non presentiamo un piano agli azionisti prima di fine settembre - ha ammesso ieri Gounon - la fine della storia è facile da scrivere». Per i creditori e gli 800 mila azionisti, in gran parte famiglie francesi, le perdite sarebbero pesanti. E Thatcher, vent’anni dopo, riuscirebbe a centrare il suo obiettivo di tenere Parigi e Bruxelles un po’ più lontane da Londra.